venerdì 20 aprile 2012

Mali di stagione

Eccoci di nuovo alla primavera preludio dell’estate, momento di ripresa dell’attività fisica in generale, sia per perdere qualche “chiletto” messo su durante l’inverno, sia per cogliere l’occasione di stare all’aria aperta.

E così, dopo tanti mesi di inattività, si ricomincia in gran carriera a correre, giocare a tennis, fare partite a calcetto con gli amici e con i colleghi del lavoro, si ricomincia così, senza un allenamento di base, ed ecco che si presentano i dolori articolari alla caviglia o al ginocchio e il dolore al gomito per i “novelli Federer”.

Infatti, per il tennista inesperto e sedentario, quella racchetta da tanto tempo appesa al chiodo, rappresenta il passaporto per il famoso “gomito del tennista”; in pratica, le vibrazioni della racchetta sul colpo della palla fanno sì che i muscoli dell’avambraccio, ipersollecitati, si infiammino e causino dolore che poi limita tutte le attività quotidiane, come il sollevare una sedia o prendere la bottiglia dell’acqua. Nello specifico il gomito del tennista, o epicondilite, è una tendinite inserzionale dei muscoli epicondiloidei, cioè estensore comune delle dita e estensore ulnare del carpo anconeo che dà un dolore profondo, insistente ed aumentato dai movimenti di presa di forza delle dita, della mano e del polso, in particolare durante la fase di estensione che si localizza nella parte esterna del gomito e si irradia alla superficie postero-laterale dell’avambraccio.

In questi casi i passaggi terapeutici, almeno nelle forme iniziali acute e non cronicizzate, sono i seguenti: applicare una apposita fascia al gomito (fascia per epicondilite), applicare un cerotto medicato e effettuare un ciclo di almeno 10 laserterapia. Con questo piano terapeutico si assiste alla remissione dei sintomi nel 75-80% dei casi a patto che la fascia venga utilizzata tutto il giorno e sempre, dopo la guarigione, nelle attività che sforzano i muscoli epicondiloidei. Nei casi di persistenza del dolore o nei casi frequenti di recidiva, a distanza della sintomatologia, si passa alla terapia locale infiltrativa, sia con cortisonici che con acido ialuronico che derivati piastrinici. Nei casi particolarmente resistenti si arriva all’intervento chirurgico.

Mi è capitato spesso di avere pazienti con epicondilite, ma non tennisti che si meravigliavano di avere l’epicondilite! Questo perché semplici attività lavorative come quelle del barista (centinaia di caffè al giorno con il manipolo della macchina in mano da stringere) o del parrucchiere (migliaia di forbiciate) possono facilmente indurre l’insorgenza di  questa malattia tanto noiosa!

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