lunedì 10 ottobre 2011

Artrosi dell'anca (Coxartrosi)



L’anca è la seconda articolazione in ordine di frequenza delle localizzazioni dell’artrosi nell’arto inferiore.
Colpisce più frequentemente le donne con insorgenza dei sintomi nella forma primaria dopo i 60 anni e per le forme secondarie tra i 40 e i 60 anni. Esempio di alcune forme di artrosi secondaria:



LUSSAZIONE CONGENITA DELL’ANCA
Osteonecrosi asettica della testa del femore



Il quadro clinico dell’artrosi dell’anca è caratterizzato da: dolore alla deambulazione, limitazione progressiva delle escursioni articolari, rigidità ed impotenza funzionale.
Il dolore si localizza nella regione inguinale ed adduttoria e frequentemente si irradia alla regione trocanterica, regione glutea ed alla faccia anteriore della coscia ed antero mediale del ginocchio.
Il dolore insorge al carico, alla deambulazione e dopo sforzi per recedere dopo il riposo; la notte è assente ma spesso si può riacutizzato anche da movimenti compiuti in scarico. La rigidità dolorosa insorge alla ripresa della deambulazione dopo un periodo di riposo, per diminuire poi con il movimento. Successivamente, proseguendo la degenerazione articolare, comparirà una limitazione articolare che inizialmente riguarda l’intrarotazione e l’abduzione e poi tutti i movimenti, fino ad arrivare alla rigidità dell’articolazione che comporta un atteggiamento viziato dell’arto inferiore in flessione-abduzione-rotazione, tanto da influire negativamente su bacino e colonna lombare. L’accorciamento dell’arto inferiore si manifesta solo ai gradi estremi di evoluzione del quadro artosico.

Artrosi della mano



La mano può venire colpita da artrosi a differenti livelli, cioè a livello dell'articolazione metacarpo falangea, delle articolazioni interfalangee sia prossimali che distali e la trapezio metacarpale.
Le artrosi metacarpo-falangee colpiscono per lo più i maschi dediti a lavori manuali pesanti (carpentieri, contadini, giardinieri, muratori)  e a talune attività sportive (pugilato) e spesso i pianisti. L'articolazione si presenta deforme, ma poco dolorabile e con rigidità mattutina ma con scarsa limitazione articolare; la sensazione riferita dal paziente è quella di un “impaccio” nella manualità.
L'artrosi delle interfalangee colpisce più frequentemente le distali (noduli di Heberden)





ma anche le prossimali (Noduli di Bouchard), è tipica del sesso femminile e sembra prediligere chi è dedito a lavori domestici con frequente contatto con l'acqua. Nella fase conclamata della malattia si avrà limitazione funzionale progressiva delle dita fino all’anchilosi e una riduzione dei movimenti fini per l'atteggiamento in flessione e la tumefazione nodosa che deforma l'articolazione.
La artrosi trapezio-metacarpale o rizartrosi predilige il sesso femminile, compare tra i 50 ed i 60 anni, colpisce più frequentemente un lato, quello dominante (quello più usato). Il dolore è il sintomo principale, tanto da impedire il riposo notturno, invalidante poiché impedendo la normale funzione del pollice sia nella presa grossolana che nei movimenti fini, quali il disegno o il ricamo, influisce gravemente sulla qualità della vita di chi ne è affetto. È spesso associata ad una deformazione articolare con atteggiamento in opposizione del pollice, i versamenti articolari sono frequenti.







Liquido sinoviale



Liquido chiaro, di solito di colore giallastro, ricco di mucoproteine, contenuto nella cavità articolare in una quantità di circa 1,5-2,5 ml. Viene prodotto dalla membrana sinoviale che riveste la cavità articolare ed ha il compito di lubrificare le superfici articolari, di disperdere le forze di carico che insistono sui capi articolari e di nutrire la cartilagine di rivestimento favorendo cosi la mobilità articolare; si pensi che una articolazione sana genera un attrito minimo, pari ad un quinto di quello prodotto da due cubetti di ghiaccio che scorrono tra loro!!!!!!
I caratteri fondamentali del liquido articolare si modificano profondamente in caso di processi infiammatori, infettivi ed anche degenerativi caso in cui si assiste ad un cambiamento delle sue caratteristiche reologiche a causa della diminuzione in quantità e qualità della sua componente mucopolisaccaridica più importante cioè l’acido ialuronico, identificato nell’umor vitreo nel 1934 da Karl Meyer e John W. Palmer della Columbia University di New York; sperimentato verso la fine degli anni 60 nei cavalli da corsa con artropatie post-traumatiche e quindi introdotto negli anni 70 in patologia umana da un gruppo di ricercatori, fra i quali spicca il nome di Endre A. Balasz
A distanza di oltre 30 anni, possiamo affermare che l’acido jaluronico mantiene un ruolo importante nella terapia locale delle artropatie quelle degenerative: lo scopo principale del trattamento, infatti, è quello di aumentare la viscosità del liquido sinoviale, diminuita nell’ osteoartrosi proprio per la riduzione del suo contenuto in jaluronati.